Elias Wolff
Doutor em Teologia pela Universidade Gregoriana (PUG-Roma). Professor do Programa de Pós-graduação do Pontifícia Universidade Católica do Paraná (PUCPR). Contato: elias.wolff@pucpr.br
Suzana Terezinha Matiello
Mestre em Teologia Moral Social pelo Instituto Teologico Calabro S. Pio X. (IT) Contato: susimatiello@gmail.com
Sommario: Nella prospettiva dell’intimo legame tra cristologia e antropologia abbiamo scelto come argomento per la nostra ricerca lo studio della figura di Igino Giordani. Vissuto prima e dopo il Concilio Vaticano II, Giordani è stato un grande protagonista di questo periodo carico di tensioni e trasformazioni sociali, culturali e religiose e ha apportato un grande contributo alla società italiana e oltre mettendo, da cristiano, al centro del suo agire Cristo. L’obiettivo di questo articolo é quello di offrire, tramite alcuni scritti di Giordani, una riflessione sul momento storico che stiamo vivendo, caratterizzato anch’esso da una profonda crisi antropologica e spirituale. La metodologia aplicata in questa ricerca é quella di una analisi su alcuni texti di Igino Giordani. Nella prima parte della ricerca ci dedicheremo al incontro di Igino Giordani, nel 1948, con Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari e all’influenza che esso determina nella successiva fase della sua vita. Nella seconda parte riporteremo alcuni scritti dello stesso Igino Giordani dai quali si può cogliere lo spessore del suo essere cristiano in ogni ambito della vita sociale e politica. Nella terza parte parlaremo della politica e la morale nella prospettiva di Igino Giordani.
Parole Chiave: Cristo; pace; società; politica; santitá.
Abstract: From the perspective of the intimate bond between Christology and anthropology, we have chosen the study of the figure of Igino Giordani as a topic for our research. Giordani lived before and after the Second Vatican Council, and he was a great protagonist of this period full of social, cultural, and religious tensions and transformations; moreover, he provided a great contribution to the Italian society and beyond by placing Christ as core of his actions as a Christian. The goal of this article is to offer, through some of Giordani’s writings, a reflection on the historical moment we are experiencing, which is also characterized by a profound anthropological and spiritual crisis. The methodology applied in this research is based on the analysis of some texts written by Igino Giordani. In the first part of this research, we will focus on the meeting, in 1948, between Igino Giordani and Chiara Lubich, founder of the Focolare Movement, and the influence that this meeting will have in the subsequent phase of his life. In the second part, we will record some texts written by Igino Giordani himself, from which we can note the depth of his Christianity in every sphere of social and political life. In the third part, we will talk about politics and morals from the perspective of Igino Giordani.
Keywords: Christ; peace; society; politics; holiness.
“Può un uomo politico essere santo?
Può un santo essere uomo politico?
Prova in te la soluzione del quesito
ora che diventi uomo politico”
Igino Giordani (Diario di Fuoco, 6.4.1946)
L’agire morale del cristiano è estremamente legato alla sua vocazione salvifica in Cristo (OPTATAM TOTIUS, 1965, n. 16), è una risposta all’Amore che chiama all’amore[1] “perció l’amor di Dio e del prossimo è il primo e piú grande comandamento. La Sacra Scritittura, da parte sua, insegna che l’amor di Dio non può essere disgiunto dall’amor dell’prossimo.” (GAUDIUM ET SPES, 1965, n. 24), cosí nella prospettiva dell’intimo legame tra cristologia e antropologia abbiamo scelto come argomento per la nostra ricerca lo studio della figura di Igino Giordani. Vissuto prima e dopo il Concilio Vaticano II, Giordani è stato un grande protagonista di questo periodo carico di tensioni e trasformazioni sociali, culturali e religiose e ha apportato un grande contributo alla società italiana e oltre, mettendo, da cristiano, al centro del suo agire Cristo.
Pensiamo che questa ricerca possa costituire un utile spunto di riflessione nel momento storico che stiamo vivendo, caratterizzato anch’esso da una profonda crisi antropologica e spirituale.
Studiare la poliedrica figura di Igino Giordani che ha lasciato un profondo segno nel tempo in cui ha vissuto affascina chiunque. La sua vita, il suo pensiero non lasciano indifferenti e il suo esempio costituisce ancora oggi motivo di ispirazione per l’apertura di centri di studi che portano il suo nome.
Come ben sottolinea lo studioso T. Sorgi, Igino Giordani ha «percorso itinerari progressivi, sia nella vita sociale sia nel profondo dell’anima. Da posizioni di polemiche anche dure e che richiedevano molto coraggio (come sotto la dittatura) e da scontri con avversari politici in democrazia o dottrinali in religione, ha camminato verso il dialogo e l’amore. (SORGI, 1994, p. 5-6). Dall’atteggiamento di un impegno ascetico fortissimo, ma individualistico, è passato ad aprirsi nella comunione dell’unità afferma Sorgi, quando, nel 1948, incontra Chiara Lubich.
Igino Giordani ha svolto la sua azione politica, culturale, ecclesiale per un arco di quasi sessant’anni[2]. Sono i periodi della crisi dello Stato liberale, del fascismo e della democrazia repubblicana. E’ anche l’epoca della crescita dell’impegno sociale dei laici nella Chiesa.
Nella prima parte della ricerca ci dedicheremo al incontro di Igino Giordani, nel 1948, con Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari e all’influenza che esso determina nella successiva fase della sua vita. Nella seconda parte riporteremo alcuni scritti dello stesso Igino Giordani dai quali si può cogliere lo spessore del suo essere cristiano in ogni ambito della vita sociale e politica. Nella terza parte parlaremo della politica e la morale nel pensiero di Igino Giordani.
Il mondo riconosce in Igino Giordani un grande intellettuale cristiano, un fulgido studioso dei Padri della Chiesa, uno scrittore apologetico e coerente. Nonostante ciò lui avverte dentro – come scriverà in Memorie d’un cristiano ingenuo – di vivere una certa “noia dell’anima”. A risvegliare la sua fede e la sua carità è l’incontro, sul finire dell’estate del 1948, con Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari (LO PRESTI, 2012, s. p.)[3]. Lui stesso scrive: “Stamane a Montecitorio sono stato chiamato da angeli” (Ivi). Igino Giordani era un uomo sposato, aveva 54 anni, 4 figli già grandi. Chiara Lubich era una giovane di 28 anni e stava portando avanti un’ originalissima esperienza spirituale nel nord - Italia. Era una giovane laica, e l’incontro avvenne ben prima del Concilio Vaticano II, quando normalmente non era frequente che alle signorine laiche venisse riconosciuto un qualche ruolo nella Chiesa. Eppure, nonostante queste enormi differenze, l’incontro con Chiara trasformò Igino Giordani e da quel momento egli porterà in politica l’Ideale dell’Unità (LO PRESTI, 2012, s. p.).
[…] Cominciai a capire la vita, cominciai a capire la carità. Vedevo creature che si amavano come si dovrebbero amare i figli di Dio. Capii che anche in politica, anche in economia è utile, è necessario amarsi, come il Padre comanda […]. Insomma devo dire che è avvenuto in me, come in tutti quelli che conoscono questo Movimento, un po’ la seconda conversione. E allora ho dovuto cambiare tutta la mia apologetica. Ho visto che non si trattava tanto di mostrare l‘esistenza di Dio a chi lo nega, quanto di dimostrare in noi la vita di Dio. […]. Una nuova vita sociale ne veniva fuori.[…] (GIORDANI, 1980, p. 44).
L’incontro con Chiara Lubich há fato capire a Giordani il profundo legame tra le sue aspirazioni e cio che viveva come cristiano e come politico.
Prima del Concilio Vaticano II la vita dei coniugati non era messa in evidenza come via di santità. L’ incontro con la spiritualità dei Focolari offre invece ad Igino Giordani la possibilità di una vita spirituale contemplativa. Dalle sue stesse parole possiamo cogliere ciò che è stato per lui questo incontro:
[…] E poi soprattutto vedevo vivere la Chiesa e trovavo di nuovo uno scopo alla vita di cristiano, in quanto coniugato. Come ho detto mi sentivo un po’ un proletario del cristianesimo, un messo fuori; ecco invece che attraverso questa convivenza, io ero associato ai vergini, associato ai sacerdoti, associato a tutta la Chiesa. I loro tesori, la loro contemplazione, e loro virtù, diventavano beni anche miei, e io partecipavo loro tutte le mie pene; diventava tutta una vita e allora la vita diventava bella. Quindi la santità non era qualcosa di remoto da noi e di estraneo; la stessa contemplazione poteva, doveva divenire anche cosa nostra. […] (GIORDANI, 1980, p. 44).
Igino Giordani, nella sua grande sete di Dio, dopo questo incontro con Lubich trova un nuovo slancio anche nella vita politica:
Allora mi sono accorto dell’enorme valore dell’apostolato della carità che noi stavamo facendo. L’epoca nostra è epoca della disintegrazione atomica, filosofica, spirituale; non sappiamo più convivere, non facciamo che massacrarci l ‘un l’altro, fuori del cristianesimo vissuto. Io ho fatto questa esperienza stando in politica; che l’uomo, se non è cristiano, gode talora più nel fare del male all’altro che nel fare del bene a sé stesso. E invece lì vedevo l’unità realizzata tra tutti […] (GIORDANI, 1980, p. 44).
In questa nuova luce Igino Giordani riscopre la dimensione della Chiesa come realtà viva:
[…] Dove è il vescovo, ivi è la Chiesa, e io dai focolarini imparai una più profonda riverenza per il sacerdozio, perché da loro ho realmente capito come il sacerdozio sia il veicolo del divino nell’umano.
Allora, vissuta così, la nostra vita, è il proseguimento, quasi a realizzazione minuto per minuto dell’Incarnazione, della vita dell’uomo e di Dio: Dio e uomo nello stesso tempo […] (GIORDANI, 1980, p. 44).
Giordani ha un grande amore per la Chiesa, per l’uomo e sente la corresponsabilità di fare della società la città di Dio[4]:
Politica e religione: città dell’uomo e città di Dio. L’una per l’altra. Non regge quella senza questa. La città dell’uomo, separata dalla città di Dio, è divenuta una città di morti: morti che camminano. […]. C’è chi vaglia i fatti politici alla stregua del marxismo, c’è chi li vaglia alla stregua del liberalismo o di altra ideologia. Il cristiano, in qualunque partito militi, deve vagliarli e risolverli alla stregua del Vangelo […] ( GIORDANI, 1962, p. 28-30).
Il suo vivere era particolarmente radicato nella dimensione cristologica e il Crocifisso, primizia del rinnovamento della storia, ha costituito il vero segreto del suo agire.
Dall’intensa e vasta cronologia degli avvenimenti della vita di Igino Giordani si puó cogliere l’enorme contributo da lui offerto nei vari campi della vita sociale e religiosa. Le tematiche da lui affrontate sono vaste. La nostra ricerca, centrata su cristologia ed antropologia, prenderà in esame l’attività politica degli anni quaranta.
La vita di Igino Giordani imbevuta del Vangelo non si limita al significato di un’ appartenenza di partito, ma si esprime con nobiltà di partecipazione alle vicende del suo tempo, anche come giornalista e scrittore, come assertore di teorie politiche, come cittadino attivo che testimonia con grande coraggio le proprie convinzioni (GIORDANI, 1984, p. 33).
In un periodo di grandi travagli, di guerra in corso, di esigenze di cambiamenti per l’umanità, Igino Giordani cerca di dare una risposta pubblicando nel 1942 due volumi: “La società cristiana” e “Le Encicliche sociali dei Papi: da Pio IX a Pio XII”, nei quali proclama la necessità di una visione cristiana per un ordine sociale e politico veramente nuovo. Con la seconda di queste opere Giordani intendeva rilanciare in un documento organico (SORGI, 2003, p. 64) le autorevoli voci dei Papi e la loro ‘visione profetica’ quale solenne monito universale: alla radice del male c’è il ‘divorzio dell’uomo da Dio’. Per risorgere dalla ‘disumanizzazione dell’uomo’ bisognava superare la ‘divaricazione’ tra l’umano e il divino. “Non è isolandosi che l’uomo valorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio” (CARITAS IN VERITATE, 2009, n. 53).
Come scrittore e giornalista Giordani cerca di svegliare i cristiani a una nuova coscienza.
I cittadini, come fedeli, non amano che la Chiesa sia ridotta a un partito […] la Chiesa è universale […] e non può confondersi con un Partito, che è la parte. Ma del pari, come cittadini, i fedeli non tollerano che lo Stato si metta a fare il sacrestano o il teologo, come più volte ha fatto e fa. (GIORDANI, 1949, p. 2).
Pubblica in questo periodo due volumi e altri articoli sulla dottrina sociale della Chiesa. Passata la guerra, continua il suo lavoro di pubblicazione per quasi due anni lanciando il suo messaggio dalle pagine de “Il Quotidiano”, che aveva collaborato a fondare e di cui fu il primo direttore (SORGI, 2003, p. 65).
Il suo agire era tutto “un’opera di educazione ai principi sociali del cristianesimo che egli svolgeva per aiutare i cattolici italiani a discernere nel groviglio di inviti provenienti dalla sponda marxista e da quella laicista” (GIORDANI, 1949, p. 2). Attento al momento storico in cui si viveva, di fronte ai problemi della ricostruzione in un’Italia disastrata dalla guerra e svilita dalla dittatura, dichiarava l’esigenza prioritaria della riforma morale; e invitava i cristiani a partecipare, e a porre tutte le energie morali e religiose a servizio della città puntando a “trasformare in cristiana la politica” (GIORDANI, 1989, p. 115).
La vita di Giordani si rivela come un mosaico, dove viene in luce la sua grande fiducia nel messaggio evangelico, capace di trasformare l’uomo e i suoi rapporti.
Pur potendo prendersi molte rivalse per i danni a lui arrecati dal regime, si dimostrò libero da ogni risentimento. Esortava al superamento dell’antifascismo e alla serena obiettività in quella che allora chiamò ‘epurazione’. Si faccia ‘giustizia, non vendetta’, occorre ‘non aggiungere odio a odio’, ma ‘liberarsi dal cumulo di passioni deteriori (SORGI, 2003, p. 66).
Giordani era consapevole che la Parola di Dio rivela il fine ultimo dell’uomo e dà un senso globale al suo agire nel mondo (FIDES ET RATIO, 1998, n. 81).
Igino Giordani era visto da alcuni come un “rivoluzionario”, “uno di sinistra”, da altri una persona con poco mordente sui problemi sociali (SORGI, 2003, p. 66). Lui promuoveva la verità integra, e come apologeta del vangelo
risultava ben deciso il suo intervento a che non si creassero confusioni con il marxismo (c’era chi proponeva un comunismo cattolico), né si cedesse al laicismo anticlericale, che pretendeva di utilizzare la collaborazione dei cattolici nella politica pratica, ma sterilizzandone i valori spirituali. Per quanto riguarda le sue ‘tendenze arrischiate di sinistra’, proteste giunsero al Papa per certe sue affermazioni sull’uso della ricchezza, che egli – spiegò – aveva preso dal Crisostomo (Memorie di un cristiano ingenuo p. 105) (SORGI, 2003, p. 66).
Lo stesso Igino Giordani racconta la conversazione con Pio XII:
Un giorno mi chiamò Pio XII. Spesso, come direttore del giornale, mi chiamava per fare con me una conversazione semplice, come tra vecchi amici. Tale semplicità tanto più stupiva quanto più ieratica e solenne appariva la sua figura in pubblico. In questi incontri, mi aveva raccontato già qualcuna delle sue peripezie in Germania nel trattare con gli hitleriani, con von Papen, e altri.
Mi chiese dunque quel giorno: - Giordani, ma che cosa ha scritto sul giornale? Qui son venuti a lamentarsi …, dicono che lei è un rivoluzionario - . E mi citò una frase del mio ultimo articolo di fondo, nella quale era detto su per giù che il più del ricco è il di meno del povero: che la proprietà ingiusta o ingiustamente usata è furto.
-Padre Santo – risposi - , è una frase di san Giovanni Crisostomo.
- Ma ce lo dovevi mettere …
- Padre Santo, quando si butta giù un articolo, in mezz’ora, un’ora, non si ha tempo di fare consultazioni bibliografiche.
- Vero, vero – fece lui, tornando a sorridere – Dicono che lei è un rivoluzionario. Ma non ci faccia caso: anche a me dicono che sono un rivoluzionario: a lei che gliene pare?
Difatti, quei giorni, Roosevelt lo aveva definito “troppo radicale”.
- Ma – risposi io -, un vero cristiano è per forza rivoluzionario: non vuol cambiare il mondo? Solo che la sua rivoluzione è benefica, costruisce, non demolisce; porta amore, non odio, e rifà la società solidale (GIORDANI, 2005, p. 105).
La sua forza è Cristo e trasforma la contraddizione in una «tattica divina»: “perché il tuo bene sia tutto tra te e Dio, e non si interponga lode d’uomo o, peggio, premio in terra” (GIORDANI, 1980, p. 66). Dagli scritti di Giordani si puó captare l’unitá e la continuitá delle diverse fase della sua vita, sia nel campo ecclesiale, culturale e politico.
La parola “santità”, precisa Igino Giordani, “parrà antiquata nel mondo secolarizzato; ma la sostanza, magari inconsapevolmente, è ricercata da innumerevoli creature, che han paura dell’ecatombe. Anche molti cristiani custodiscono, della santità, un concetto o confuso o miracolistico, […]” (GIORDANI, 1979, p. 135). Per Igino Giordani la santità è dilatare il proprio cuore, è vivere in pienezza il sacerdozio regale, dove tutti i cristiani sono chiamati alla perfezione della carità, (cf. LUMEN GENTIUM, 1964, n. 40). Per lui la dimensione della santità raggiunge vari ambienti. Così scrive:
Il concetto di santità è cresciuto di dimensioni e si è dilatato al popolo di Dio. Capita di incontrare ormai anime sante anche in ambienti dove prima non s’incontravano […]. Nei secoli passati, per raggiungerla, si saliva spesso nei chiostri o negli eremi; si fuggiva di solito il mondo. Oggi si può raggiungere, e per i più si deve raggiungere, entrando nel mondo, non per giudicarlo, ma per convertirlo: in pratica santificando il proprio lavoro, la propria posizione, il proprio ambiente. Un padre si fa santo se è un santo padre; un ferroviere si fa santo, - come diceva Pio XII – se trasporta i viaggiatori quasi trasportassi Cristo; […]. Non occorrono molte regole: occorre molto amore, che dà la forza (GIORDANI, 1979, p. 136).
Nella profondità del suo itinerario spirituale si può cogliere quanto Igino Giordani cerchi di mettere costantemente in pratica gli insegnamenti del Vangelo in ogni dimensione della vita, puntando in alto, inducendo così molti studiosi a ritenerlo un anticipatore del Concilio Vaticano II. Il suo vivere radicato in Cristo farà dire: “può un uomo politico esser santo? Può un santo esser uomo politico? Prova in te la soluzione del quesito ora che diventi uomo politico” (DIARIO DI FUOCO, 5.4.1946, p. 59). Igino Giordani sa che la santità del Crocifisso: la più alta, è la sola misura, l’altezza della religione d’oggi.
La sua scelta politica repubblicana provoca attacchi, mossigli perfino in chiesa, dal pulpito. Egli stette al “gioco”; e nei confronti dei critici interni e dei competitori esterni si esprimeva così: “non vi temo, perché vi amo! Ecco che bisogna arrivare a dire ai fratelli in veste di avversari. Superare la paura: il complesso di inferiorità, […] ; ed elevarsi all’amore, che rende servizievoli, ed è il livello umano: dell’uomo redento da Dio, figlio del Creatore”. (DIARIO DI FUOCO, 20.4.1946, p. 60).
Il 2 giugno prevaleva la repubblica; e Igino Giordani otteneva ampio consenso popolare fino a riuscire terzo nella lista capeggiata da De Gasperi ( ). “Diversamente dall’esperienza giovanile degli anni Venti con Sturzo, ora entrava in politica con ben altra autorità ed esperienza, quale personalità di grande rilievo nel campo ecclesiale e culturale […]” (SORGI, 1994, p. 55). La profondità con cui vive le sue scelte nella politica in Parlamento gli farà dire: “diffondere santità da un povero foglio di giornale; diffondere santità da un ‘corridoio di passi perduti’ chi compirà questo miracolo?” (DIARIO DI FUOCO, 2.8.1946, p. 60). Quel ‘corridoio’, dirà T. Sorgi “così definito dai politici con scherzosa autocritica, era, ed è, un salone della Camera dei deputati; e quel giornale era l’organo della Democrazia cristiana, ‘Il Popolo’, che da due giorni Igino Giordani dirigeva. Pensava di dover vivere ambedue i luoghi come vie alla santità non solo per sé, ma anche per gli altri e per la stessa politica” (SORGI, 1994, p. 69).
L’intensità della sua vita, la libertà del suo agire, si coglie nel “segno del pane eucaristico spezzato” che lo fa “riconoscere nel Tempio del proprio corpo, nel santuario della propria vita” (MORRONE, 2007, p. 221) dove tutto è materia prima per raggiungere la perfezione nell’amore: “importante santificare tutto ciò che ha rapporto con noi: il pensiero e il costume, l’amore e il sesso, il lavoro e il denaro, la democrazia e la libertà: tutte cose buone se sante, […]” (DIARIO DI FUOCO, 20.12.1946, p. 60).
Nella scia della nostra ricerca verifichiamo che la dimensione sociale dell’essere cristiano in Igino Giordani sta nell’invocazione del maranathá, nell’orizzonte della venuta del Regno e della sua giustizia, e in ciò si sviluppa l’etica sociale cristiana, che non entra in compromessi, che non può essere appiattita alla mentalità di questo secolo, ma in forza della sua riserva escatologica, deve essere coscienza critica di tutte le strutture poste al servizio della società (MORRONE, 2006, p. 173 -184).
Igino Giordani, nel suo santificarsi in politica, nel suo vivere per un’etica cristiana ha affrontato dunque diversi momenti critici. T. Sorgi ci fa ancora cogliere ciò che ha significato per lui l’esperienza della direzione de “Il Popolo”: In tale incarico, oltre ad avere la colpa di agire come un “direttore che avesse sue idee” - narrerà più tardi – non si era prestato a strumentalizzazione per osannare alcuni e annientare altri: gli capitava ancora – ma in modo più grave che a “Il Quotidiano” - di dover lottare per non farsi ridurre a “direttore diretto” (Memorie di un cristiano ingenuo, p. 113 - 114). E, per le insistenze di Attilio Piccioni, segretario della Democrazia Cristiana, il 28 aprile 1947 fu costretto a dimettersi. E un giorno dopo, il 29 aprile, scrive: “questo dolore e questa umiliazione servano a demolire la sovrastruttura della vanità e a rimettermi, anima nuda, di fronte a Te, Signore […]” (DIARIO DI FUOCO, 29.4.1947, p. 61).
Secondo gli studi di T. Sorgi, Igino Giordani stava trovando difficoltà forse più di quanto se ne attendesse: “incomprensioni, calunnie, disprezzo, scherni, abbandoni”, gli provocavano “delusioni e amarezza” (SORGI, 2003, p. 70). In queste prove trovava “l’occasione offerta da Dio per farsi santi la materia prima onde cementiamo la santità, se la fondiamo nel fuoco della carità, con la sapienza dell’umiltà” (DIARIO DI FUOCO, 11.9.1947, p. 62). Igino Giordani vive la sua totale adesione nel fare della politica una pedana di lancio verso la santità, considerando le fatiche e gli insuccessi quali carburanti per vivere l’etica cristiana in ogni sua sfida. Il suo intenso lavoro in politica era dunque anche rivolto alla formazione delle coscienze verso un’etica cristiana, attraverso un intenso lavoro culturale: conferenze, articoli, direzione di “Fides”, oltre che scrittore di vari libri[5]. Igino Giordani crede che la stampa sia uno strumento importante nella formazione delle coscienze.
Ma tant’è: chi scrive edifica o distrugge anime. Donde la sua immensa responsabilità, proporzionale alla sua dignità. Quindi si perverte anime, è reo de Corpo mistico; deteriora e neutralizza la Redenzione. Bisogna far ritrovare allo scrittore il suo posto nella Chiesa perché senta che anche lo scrivere ha un fine sopranaturale: la glorificazione di Dio e a salvezza delle anime […] (GIORDANI, 1942, p. 126).
Giordani puó essere considerato l’uomo del dialogo che sapeva fare dei punti di vista divergenti possibilitá di incontro, e lo facceva anche come scrittore.
Igino Giordani ha sempre creduto che la riforma morale e la ricostruzione della società fossero intimamente legate, e di conseguenza si è impegnato a diffondere la prospettiva evangelica dell’etica e a promuovere la cultura della pace. L’ etica cristiana esige la coerenza verso tutti. “Non era d’accordo sulla estromissione delle sinistre dal governo, giungendo anche a votare nel Consiglio nazionale del partito, insieme con Gronchi e pochi altri, contro un ordine del giorno presentato nel maggio 1947 da De Gasperi, che stava preparando la fine del tripartitismo per passare ai governi centristi” (SORGI, 1994, p. 55). Il suo operare nella vita politica è sempre rivolto alla realizzazione della pace.
Svolgeva la sua funzione di membro dell’Assemblea costituente, intervenendo, tra l’altro, nel dibattito sui Patti Lateranensi per sostenere l’inserimento nella Costituzione: riconosceva ora l’utilità del Concordato ai fini della pace religiosa del popolo italiano, e della sua unità morale come base per il progresso sociale (SORGI, 1994, p. 56).
Rieletto deputato nella prima legislatura il 18 aprile del 1948, Igino Giordani dà al suo impegno parlamentare un unico scopo: difendere e promuovere la pace. Nel marzo del 1949 interviene nella discussione sul Patto Atlantico sostenendo l’ importanza dell’adesione italiana, che doveva essere un patto di pace e non di guerra (SORGI, 1994, p. 56).
Noi siamo vittime di una politica che non si esprime che facendo la guerra; quindi politica pazza e criminale. Ho detto che l’assassinio in guerra è un omicidio. Ma noi sappiamo che è qualcosa di più, è un deicidio perché nell’uomo si uccide l’immagine di Dio. Ed è anche un suicidio perché attraverso qualunque guerra, è il corpo sociale, il corpo di tutta ‘umanità che si svena. Che la guerra si combatta in Indonesia o in Cina, che si combatta in Italia o in Germania è sempre ‘unico organismo sociale che si dissangua stupidamente […. ] (GIORDANI, 1984, p. 33).
Nell’ ottobre del 1949, presentando insieme al socialista Calosso la già ricordata proposta sull’obiezione di coscienza[6], afferma: “I veri obiettori di coscienza non sono mossi da motivi di viltà … ma da una seria preoccupazione morale e religiosa, per la quale uccidere un fratello, è uccidere Dio in effige, essendo l’uomo immagine e fattura di Dio”[7]; nel dicembre del 1950 parla a Montecitorio sulla guerra in Corea[8] pronunciando quello che è stato il suo più famoso discorso sulla pace; sono note anche le sue dichiarazioni contrarie alle spese per gli armamenti in ottobre 1951” (CUNEGO, 1989, p. 56). Durante tali interventi pronunciava alcune affermazioni che erano veri e propri principi di una nuova filosofia della pace. Tra essi: “la pace comincia da noi”, che rovesciava l’antico e consolidato assioma: si vis pacem, para bellum» (CUNEGO, 1989, p. 56).
Gli studi dimostrano che Igino Giordani “influenzava forse, certo anticipava Paolo VI, che porrà quella stessa filosofia a base di alcuni dei messaggi lanciati nell’ultimo periodo di pontificato al mondo intero a inizio di ogni anno” (CUNEGO, 1989, p. 56 - 57). Igino Giordani
era molto in famigliarità con mons. Montini, il quale, come risulta da lettere in Archivio Igino Giordani, b. 36, prese visione del suo discorso sul Patto Atlantico e certamente conobbe anche gli altri interventi sulla pace. Quando, divenuto Paolo VI, deciderà di chiamare il mondo intero a dedicare il primo giorno di ogni anno a riflettere sulla pace, tratterà i diversi aspetti del problema, di cui alcuni sembrano proprio richiamare i temi di Giordani (SORGI, 1988, p. 1645 – 1653).
Igino Giordani insiste sulla formazione di una coscienza che sa vivere per promuovere la pace, educando grandi e piccoli a questa realtà fondamentale della vita umana. Sottolinea in tanti suoi scritti che la pace come la guerra, origina dal cuore di ciascuno (GIORDANI, 1979, p. 131). Arriva ad affermare che “i governi, che allestiscono le guerre, sono nemici del popolo, a cui tolgono il frutto del lavoro prima e la esistenza dopo” (GIORDANI, 1979, p. 132). La guerra afferma Giordani, “è sempre ingiusta, poiché uccide […], poiché ormai associa il potere distruttivo massimo con la suprema stupidità e crudeltà” (GIORDANI, 1979, p. 133).
Preoccupato anche per il destino dell’Europa Igino Giordani diventa anche uno dei primi sostenitori dell’Europa politicamente unita, che “come la Svizzera federata o gli Stati Uniti, comprenda e armonizzi cittadini e partiti e Stati d’ogni ideologia e religione e razza: e sopprima le dogane e rimetta a circolare la vita, il cui flusso è ora arrestato da mille lacci emostatici uno più inutile dell’altro: gli ornamenti dell’egoismo miope” (GIORDANI, 1989, p. 115).
Il dono della fede apre l’accesso alla legge nuova dello Spirito e in questo senso Igino Giordani rafforzava la sua azione per dare un’anima cristiana alla cultura di pace dialogando con le sinistre[9]. Promuoveva inoltre con l’altro democristiano Gaetano Ambrico, deputato della Basilicata, l’ “Intesa parlamentare per la pace”, insieme a Nitti, Calamandrei e pochi altri (SORGI, 1994 , p. 57).
Questo suo modo di essere, la sua coerenza, non erano certo le condizioni più adatte a fargli guadagnare le simpatie dei dirigenti del suo partito, dai quali venne considerato un democristiano troppo scomodo. Venne infatti pian piano sempre più emarginato, fino a quando nelle elezioni del giugno 1953 non venne più rieletto.
Giordani difficilmente può essere catalogato e inserito negli schemi rigidi della storia dei partiti, lo afferma lo storico Francesco Malgeri che lo considera come una delle figure di cui la politica e la storia hanno bisogno appunto per la sua eccezionale carica civile e religiosa e per la sua visione rivoluzionaria della politica.
Quella di Giordani è una politica diversa, che si appella ai valori profondi – morali e religiosi – non per evadere in cielo o rinchiudersi in sacrestia ma per “ritrovare l’uomo” di cui la cultura materialista e laicista ha fatto perdere la nozione della sua interezza. Solo se si fonda su questi valori, afferma Giordani, la politica potrà essere un servizio per l’uomo e non una gara di potere, e potrà contrastare le forze economiche – politiche del capitalismo e collettivismo nella loro “marcia verso l’annientamento della persona umana” (SORGI, 1994 , p. 61). Così scriveva: “Se tutti si ha bisogno di santità, gli statisti, i legislatori, gli amministratori della cosa pubblica ne abbisognano di doppia razione […]. E la loro santificazione diverrebbe esemplare per tutto il popolo” (GIORDANI, 1994, p. 26). Come si nota dal suo impegno nella politica lavora per la riconstruzione dell’unitá europea, dell’unitá del mondo, uomo proteso al di là del rassegnato presente e capace di profetizzare – e anticipare col proprio vivere – tempi nuovi, ha portato il vangelo nella politica e non solo. Notevole e originale è il contributo di Igino Giordani nella storia civile e culturale italiana e in quella della Chiesa universale: “[…] il timbro della presenza politica di Giordani, densa di spiritualità, di ampie idealità e tensione morale: elementi che all’uomo, mite e pacifico, donavano assoluta indipendenza di fronte ai potenti, coraggiosa intransigenza nella difesa dei principi” (SORGI, 1994, p. 50). Dagli studi su Igino Giordani degli anni 90 viene messo in luce il suo prezioso contributo alla storia del movimento sociale cristiano, con qualche nota intorno ai suoi riflessi anche sulla storia della spiritualità (SORGI, 1994, p. 51).
La seconda esperienza politica di Igino Giordani, come ben sottolinea T. Sorgi, “trovò il suo punto forte nei sette anni che lo videro deputato dell’Italia democratica – dal giugno 1946 al giugno 1953 – all’Assemblea Costituente e alla prima legislatura repubblicana” (SORGI, 1994, p. 51 - 52). Afferma Sorgi, che Igino Giordani ebbe modo di offrire un contributo di idee-forza a quel biennio difficile di avvio della nuova esperienza democratica dell’Italia post-bellica e post-fascista (SORGI,1994, p. 53).
Egli lavorava per salvare l’uomo. All’ uomo Igino Giordani dedicava ricorrenti trattazioni specifiche. Il binomio cristocentrismo e antropologia ancora oggi come allora viene a galla conferendo alle sue parole una grande attualità:
l’uomo: che se n’è fatto? – ma lo faceva punto di attenzione in tutti i suoi articoli. Lo proclamava ‘essere sacro’, così come un ‘dramma umano e divino’ era considerato il fatto sociale. E vedeva l’uomo centro e scopo di tutta l’azione sia ecclesiale che civile, secondo una concezione che si potrebbe ben definire come ‘personalismo sociale’, fiorente da una antropologia a base teologica: dignità umana e divina dell’uomo, e quella è immensa e inviolabile perché l’uomo è ‘effigie di Dio’, e, ancor più, perché è ‘compartecipe della natura del Padre’ (SORGI, 1994, p. 53 - 54).
Per Giordani vi é una razionalitá divina che deve essere risvegliata in ogno essere umanao, razionalitá che per i cattolici é chiamata di caritá dove trovare in ogni fratello o sorella l’imaggine di Dio não la persona ad essere sfruttata.
Per Igino Giordani la politica ha funzione e dignità di essere servizio sociale, carità in atto.[10] Non può essere strumento di dominio ma ricerca del bene comune. Sentì l’impegno politico come un dovere di coscienza cristiana e propose un atteggiamento sempre attivo nella vita sociale, ebbe atteggiamenti di apertura e di collaborazione con politici di altre sponde, sia nella sua prima vicenda, da ‘popolare’, sul tema della libertà, sia nella seconda, democristiana, sui temi della pace, del disarmo, dell’obiezione di coscienza. Giordani invocava una crescita di fraternità evangelica fra individui, classi e popoli, sosteneva che alla base della politica non ci fosse altro rimedio se non di carattere morale e spirituale. Per molti la conoscenza di Igino Giordani è stata occasione di crescita spirituale e sociale e fonte di ispirazione nel agire quotidiano.
Dopo questa ricerca ci viene spontaneo ringraziare Igino Giordani per la sua autentica testimonianza di vita cristiana, in un’ epoca in cui prevale una lotta” intellettuale per creare un’etica senza Dio. Lui è stato un testimone che la socialità dell’umano e la sua giustizia hanno una radice prettamente religiosa, è dal seguire Cristo, dall’aderire a Lui via, verità, vita, che scaturisce coerentemente una prassi cristiana. Per Giordani la pace, come la guerra, tem origem no cuore di ciascuno. Che il suo operare e la sua sete di santità possano essere per ogni uomo, ogni donna un motivo di riflessione e di ricerca, nel proprio intimo, dell’ amore e della Verità.
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SORGI Tommaso; WALLET, Jean Marie. Igino Giordani Cristiano, politico, scrittore. Milano: Figlie di San Paulo, 2013.
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[1] “L’amore è l’esperienza fondante della morale, che integra in sé l’assoluto dell’accettazione della persona (elemento intersoggettivo) e la finalità intrinseca del desiderio del bene (elemento oggettivo). Questa integrazione è opera della ragione, che deve dirigere l’agire umano verso la realizzazione della comunione: amore e ragione si trovano fin dall’inizio, intrinsecamente e originalmente uniti. In questa esperienza si svela anche il senso ultimo della vita, come vocazione ad una comunione delle persone nella storia mediante il dono di sé (GAUDIUM ET SPES, 1965, n. 24). (MORRONE, 2012, p. 5).
[2] Per coglierne in profondità la ricca personalità di Giordani, si propone di percorre la cronologia dei fatti essenziali della sua vita nella ricerca di T. Sorgi: SORGI T., Giordani segno di tempi nuovi, Città Nuova Editrice, Roma 1994, p. 9 - 16,: GIORDANO I. Cristiano, politico, scrittore, Introduzione di Jean-Marie Wallet – Tommmaso Sorgi. Milano: Pauline, 2013, p. 325 - 332.
Igino Giordani nasce a Tivoli, sul fiume Aniene il 24 settembre 1894, primo di sei figli, in una famiglia di modeste condizioni: il padre Mariano, muratore, la madre Orsola Antonelli, casalinga. Nel 1900 inizia le scuole elementari e nei giorni liberi e nelle vacanze estive collabora ai lavori paterni. Nel 1905, finite le elementari, lascia la scuola e per due anni fa il “muratorino” col padre. Studia il francese su dispense (apprenderà in seguito anche lo spagnolo, il portoghese, il romeno, l’inglese, il tedesco, oltre al greco e al latino). Nel 1907, con l’aiuto di un benefattore che gli paga la retta, entra nel Seminario diocesano di Tivoli, dove rimane fino al 1912. Nel 1914 consegue la licenza liceale, vince un concorso presso il Ministero di Grazia e Giustizia e si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma.
Un anno dopo, nel maggio del 1915, viene chiamato alle armi e inviato prima alla Scuola allievi sottufficiali a Spoleto e poi all’Accademia militare di Modena. Nel dicembre dello stesso anno viene inviato al fronte sull’Isonzo come sottotenente nel 111° Reggimento di fanteria. Il 2 febbraio 1929 sposa a Tivoli Mya Salvati e con lei si trasferisce a Roma. Nel corso della II Guerra Mondiale (1940) Igino Giordani lavora con De Gasperi, con Bonomi e con altri esponenti antifascisti per preparare la rinascita della democrazia. Nel 1941 viene ritirata dalla circolazione per ordine delle autorità del regime la seconda edizione del suo libro – Cattolicità . Se ne permetterà in seguito una nuova edizione ma con tagli imposti dalla censura. Dal 24 aprile 1944 dirige, per richiesta di mons. Montini, allora Pro – Segretario di Stato in Vaticano, una Scuola di Preparazione Sociale. Ancora nel 1944 contribuisce alla fondazione del nuovo giornale dell’Azione cattolica “Il Quotidiano” che inizia la pubblicazione l’11 giugno e di cui diviene direttore (1944 – 1946, e si potrebbe continuare, sono moltissimi gli eventi significativi della sua vita fino il 18 aprile del 1980 quando si chiude la sua vita terrena.
[3] LO PRESTI, Presentazione di Igino Giordani: da Montecitorio al Mondo, Centro Igino Giordani, 2012.
[4] GIORDANI, “La politica satanizza”, dicono scrittori russi, tedeschi, americani. Difatti offre tentazioni paurose, di avarizia, egoismo, vanità,[…]. E’ soggetto e oggetto di corruzione e scandalo. Se tutti i settori umani han bisogno di redenzione, il settore politico ne ha un bisogno particolare. E’ il più aggredito. La sua storia è gremita di crimini […] (GIORDANI, 1962, p. 9 - 13). Nel 1959, con altri due deputati, Igino Giordani dava inizio al Centro Santa Caterina, per offrire un punto di incontro a politici che volessero orientare la loro condotta di vita e il loro impegno a idealità cristiane. Dietro questo primo Centro ne sorsero altri, e costituirono il nucleo iniziale di quello che sarebbe diventato l’attuale Movimento per una Umanità Nuova – anche’esso esteso in vari Paesi -, che intende contribuire a impostare le varie attività sociali nello spirito del Vangelo. (GUGLIEMO BOSELLI, 1980, p. 11).
[5] Nel triennio postbellico 1945 – 1947 ne pubblicò dodici: di tipo politico come Dall’orda all’ordine (1945), o di dottrina sociale, come il «Padre nostro» preghiera sociale (1946),o di tipo agiografico – spirituale: Dio (1945) Gesù di Nazareth in due volumi (1946), Giovanni di Dio, santo del popolo (1947) e altri, fra cui il poderoso quarto volume de Il Messaggio sociale: I Grandi Padri della Chiesa (1947).
[6] “Molte proposte di Giordani, sempre all’avanguardia del panorama politico e culturale a lui contemporaneo, sono state un ‘seme’ gettato che avrebbe dato frutti soltanto in anni successivi. Così è accaduto per la proposta di legge sull’obiezione di coscienza. Egli infatti fu il primo, nel 1949, a porre l’accento sulla necessità di permettere ad un credente di continuare a rispettare i propri ideali religiosi nel rifiuto del servizio armato e nell’accettazione di un servizio pacifico.[…]. L’esistenza di giovani che rifiutano il servizio militare ‘è indizio di una riscossa della coscienza cristiana contro la follia d’una civiltà che tira avanti sotto l’incubo della bomba atomica …”. La proposta di legge non venne allora accolta, ma contribuì a creare interesse a tal senso. Negli anni successivi, infatti, molti giovani e molti uomini sensibili a questo problema indirizzarono a Giordani le proprie richieste e speranze. La legge sull’obiezione di coscienza è stata approvata solo nel 1973, dopo un iter faticoso. (CUNEGO, 1989, p. 117).
[7] Vedi la Proposta di Legge dei Deputati Calosso – Giordani del 3 ottobre 1949, p. 1. Cit. in LUISA CUNEGO, Igino Giordani – Ferdinando d’Ambrosio - corrispondenza inedita ed altri documenti, La Nuova Cultura Editrice –Napoli, 1989, p. 117.
[8] “L’appello della pace caratterizza gran parte dell’attività politica di Giordani. Partendo dalla mozione Giave, secondo cui il Governo italiano doveva farsi mediatore e pacificatore in ambito internazionale affinché la guerra di Corea non assumesse dimensioni mondiali.[…]” (LUISA CUNEGO, 1989, p. 115).
[9] Accanto alla discussione sulla pace, ed anzi partendo da essa, «La Via» dimostra la propria apertura istaurando un dialogo con i comunisti. Risonanza ebbe il dibattito tra il direttore de «La Via», Giordani, e quello de «L’Unità», Davide Lajolo (Ulisse). “Il debito nostro non si conclude serrando le porte in faccia a dei fratelli, perché comunisti. Essi sono comunisti: ma sono anche fratelli redenti con lo stesso Sangue senza prezzo … La comunione risolverà il comunismo: e recupererà i comunisti” (GIORDANI, 1949). Nonostante Giordani chiarisce che …“i nostri dubbi e opposizioni al sistema comunista restano …”, egli viene accusato di filo-comunismo: “alcuni giornali han fantasticato di nostro comunismo cattolico…” in realtà sostiene Giordani “comunità sì, comunismo no: il comunismo è la patologia della comunità, perché accomuna distruggendo la personalità. E invece la comunità integra – e protegge – la personalità” (GIORDANI, 1989, p. 116).
[10] Profunde riflessioni si trovano in, GIORDANI, La rivolta morale, Roma, 1969.